Storicamente Advertising e Relazioni Pubbliche sono state sempre due discipline considerate come stretti parenti, in qualche modo unite ma anche fieramente indipendenti, con spazi di azione e responsabilità ben definite: quasi due mondi opposti, due modi per affrontare lo stesso problema. Questa cosa ormai non è più vera e oggi chi si occupa di advertising deve necessariamente occuparsi di relazioni pubbliche e viceversa. Le due realtà hanno bisogno una dell’altra perché ognuna contribuisce, a modo suo, al perseguimento dei risultati.
Questo è vero in ogni settore e specificatamente nell’Healthcare!
Ma andiamo con ordine. Abbiamo detto che inizialmente advertising e relazioni pubbliche erano due modalità completamente diverse di comunicare, due modi per affrontare un problema, ovvero quello di far conoscere la mia azienda o il mio prodotto/servizio.
Il primo spunto di riflessione lo prendiamo da Helen Woodward che, nel lontano 1938, scrisse : “Advertising is what you pay for, publicity is what you pray for”. Chi fa pubblicità sostanzialmente paga per pubblicare i propri contenuti in certi spazi, sia fisici che virtuali: cartelloni pubblicitari, spazi dedicati sui giornali, banner, ecc. Molto diversa è invece la “publicity” (relazioni pubbliche, in inglese americano): in questo caso obiettivo del comunicatore è creare contenuti che piacciano all’interlocutore che decide così di divulgarli – si pensi ad esempio a chi scrive comunicati stampa che “prega” affinché vengano pubblicati sulle testate di interesse. Nel primo caso quindi si ha una sorta di controllo, sia sui contenuti che sullo spazio in cui questi vengono posizionati, nel secondo invece bisogna lavorare per influenzare i destinatari.
La seconda differenza è riconducibile ai destinatari della comunicazione: nel caso della pubblicità, il target di riferimento sono i potenziali clienti, ovvero chiunque si pensa possa diventare un cliente. Chi fa relazioni pubbliche, invece, ha un target ben definito: gli stakeholders. Letteralmente i “portatori di interesse”, sono tutte quelle persone che nutrono interesse verso un determinato tema, un argomento, e hanno quindi piacere a ricevere il messaggio. Nel settore healthcare questo si rispecchia anche nell’organizzazione aziendale, da un lato abbiamo l’informazione medico scientifica (o dove concesso la vera e propria vendita) che punta al paziente/cliente e dall’altro il market access che interagisce con gli stakeholder.
Una terza differenza è che nell’advertising si parla spesso di prodotto che, in un modo o nell’altro, deve essere promosso e venduto. Anche nel caso delle relazioni pubbliche centrale può essere un prodotto, la differenza è però il fatto che tutto si basi sulla costruzione di relazioni. Oggi le relazioni sono a dir poco fondamentali e, come vedremo, anche chi fa advertising tende sempre più a instaurare legami con il proprio target.
Il tema delle “relazioni” è un tema chiave nel capire perché ormai non ha più senso dividere advertising da Pubbliche relazioni: in un sondaggio condotto da Nielsen “Trust in advertising”, è stato chiesto ad un panel di consumatori italiano quanto si fidasse delle diverse tipologie di pubblicità. Ciò che è emerso è che il 74% si fida dei consigli di conoscenti, il 64% dei commenti postati online, il 55% di contenuti editoriali. Pubblicità di vario tipo e siti aziendali si trovano ben sotto la soglia del 50%.
Questo non ci stupisce, è semplicemente l’ennesima conferma che nella nostra società abbiamo l’abitudine di dare maggior fiducia ai pari e alle “istituszioni” che alle comunicazioni pubblicitarie, non ci stupisce ma ci porta ad una considerazione: essere in grado di creare relazioni significa guadagnarsi la fiducia del consumatore e, di conseguenza, attirare la sua attenzione. È per questo che tutte le differenze tra advertising e relazioni pubbliche viste fino ad ora, oggi non hanno più la stessa rilevanza.
Tutto quello che abbiamo visto fino ad ora può essere riassunto con i concetti “below the line” e “above the line”. La terminologia ha origine dal gergo dell’amministrazione finanziaria, dal conto economico. La “linea” è quella che separa le operazioni di addizione e sottrazione tra le entrate e le voci di spesa. Sotto la linea – below the line – solitamente vengono poste le spese di bassa entità che per imprevisto o per via della scarsa incidenza sul conto economico possono essere aggiunte in un secondo momento, pur non essendo state messe in preventivo.
Come è scritto su “Governare le relazioni” di Toni Muzi Falconi, “Comprese nella comunicazione d'impresa sono quattro discipline: la pubblicità, le relazioni pubbliche, le promozioni e il direct marketing […]. Si usa il termine “below the line” per indicare le ultime tre in contrapposizione alla pubblicità indicata come “above the line”. In sostanza, mentre quest'ultima è sempre palese e visibilmente pagata con l’acquisto di spazi su media erga omnes, le altre tre sono o dirette alla persona o a pochi, oppure non pagate e comunque non sempre visibili erga omnes.”
Oggi però le cose stanno cambiando e le due strade, quella dell’advertising e quella delle relazioni pubbliche, stanno convergendo verso un’unica direzione. Si parla infatti di Beyond the line. Sostanzialmente si sta superando il concetto per cui unica forma indiscussa di comunicazione sia la pubblicità, ma anzi oggi esistono strumenti in grado di realizzare in maniera più efficace ed efficiente determinati obiettivi di comunicazione, come le tipiche campagne di relazioni pubbliche.
È proprio un’azienda biotecnologica, Biogen,la vincitrice della 20° edizione del Premio Assorel (associazione nata nel 1982 per diffondere in Italia la cultura delle Relazioni Pubbliche) che ha assegnato a Edelman il primo premio assoluto per migliore “campagna di comunicazione PR” (unite!) con “Io non sclero – Storie di progetti e sogni che non si fermano con la sclerosi multipla” per il cliente Biogen.
La campagna si è posta l’obiettivo di informare e sensibilizzare sulla sclerosi multipla per svelare il vero volto della malattia in Italia. Emozionalità, necessità di spazi di condivisione sia online, sia offline e voglia di far sentire la propria voce sono emersi fin da subito come bisogni della community di pazienti che sono così diventati i pilastri sui quali sono state costruite le attività anno dopo anno. Una co-creazione di contenuti in continua evoluzione da 4 edizioni, per far luce sulla sclerosi multipla in Italia, rendendo i pazienti e i caregiver protagonisti del progetto e dando loro strumenti per far sentire la propria voce.
''Ho cambiato lavoro, ho seguito un corso di ballo, ho preso un cane. Un domani spero di innamorarmi, di avere famiglia. Insomma, la sclerosi multipla mi caratterizza ma non è lei a decidere per me''
(Lucia Avanzini, 33 anni, paziente intervistata su F 15/01/14).
Biogen non è l’unica azienda che va in questa direzione, anzi la scorsa edizione ha visto molte aziende del settore healthcare come protagoniste di storie di successo: Pfizer ha portato avanti la campagna “La polmonite non fa ridere” per promuovere la prevenzione della polmonite negli over 65; Novartis ha invece affrontato il tema della Spondilite Anchilosante, una patologia reumatica poco conosciuta e di difficile diagnosi, con la campagna “Sai.. che?”; Roche invece, con la campagna “#FightIPF” invita tutti i pazienti e la popolazione in generale a sfidare ogni giorno la Fibrosi Polmonare Idiopatica (IPF) e a non arrendersi.
Tutti ormai vanno nella stessa direzione e a dimostrarlo sono le numerose campagne che vengono pensate e attuate per supportare pazienti e cittadini, ma non solo. Relazioni pubbliche e advertising sono strumenti che, sinergicamente, contribuiscono a un modello di comunicazione migliore e più efficace.
Fonti: